Raccontare la storia e soprattutto descrivere le pagine più buie che hanno anticipato la Shoah non è facile né scontato. Soprattutto in questi ultimi anni, per raccontare l’inenarrabile si sono cercate formule e strumenti che sapessero conciliare e stimolare la curiosità e l’interesse nei giovani e meno giovani sollecitando una riflessione sull’attualità e fornendo strumenti di conoscenza della storia e delle conseguenze che la piaga dell’antisemitismo ha procurato. Il progetto di divulgazione che con questo volume si inaugura rappresenta certamente un esempio attento ed efficace di tutto questo.
La vicenda di Gustav Schröder, “Giusto fra le nazioni”, riguarda un episodio della persecuzione degli ebrei da parte dei nazisti e dei loro alleati ma denuncia anche l’atteggiamento negativo di molte nazioni nei confronti dei profughi, diffuso anche dopo la fine del secondo conflitto mondiale, quando numerosi tra loro erano reduci dai campi di sterminio.
La fine della Belle Époque aveva aperto la strada alla stagione dei conflitti estesi a livello mondiale, alle crisi politiche, economiche e sociali. Quello tra le due guerre fu un mondo dove ogni nazione si chiuse in sé stessa aprendo le porte alla tragedia. Infatti, la fine della “grande guerra” aveva portato con sé enormi problemi di riconfigurazione dell’Europa e i trattati di pace avevano ulteriormente aggravato le divisioni tra le compagini nazionali europee. Il «secolo breve» si è caratterizzato come l’Età dei totalitarismi; il nazismo e il fascismo hanno condotto il mondo al massacro di settanta milioni di persone, tra le quali sei milioni di ebrei colpevoli solo di essere tali. Una mostruosità che nasceva da lontano, dall’antigiudaismo di matrice cristiana su cui si era innestato l’errato concetto di razze umane, particolarmente in voga nel Diciannovesimo e per buona parte del Ventesimo secolo.
Tuttavia, in mezzo a tale orrore si distinsero i Giusti, pochi tra tanti ignavi e assassini. Pochi in un mondo eticamente alla rovescia, le cui scelte paghiamo ancora oggi nel mancato superamento di certi stereotipi, razzismi e violenze di ogni genere, nella negazione dei diritti fondamentali della persona.
L’uso della graphic novel, come detto, consente di veicolare l’orrore ma anche la capacità di resilienza nell’essere umano, l’importanza dell’impegno nel cercare di far rispettare i diritti fondamentali di ogni persona, la vita umana, e promuove la capacità di vivere insieme nelle differenze. Dunque, un tema specifico, l’antisemitismo, ma di significato universale, quello delle differenze che arricchiscono la società, al contrario dell’omologazione. Avvalendosi di strumenti e metodi innovativi questa iniziativa riesce a raggiungere e coinvolgere quella parte della popolazione che per età, condizione e formazione non accede facilmente alla lettura dei saggi storici. In particolare, questi metodi garantiscono una comunicazione privilegiata con i giovani, che dovrebbero essere i primi destinatari di contenuti storici, affinché possano conoscere la storia e le sue conseguenze nel costruire la società del domani.
L’arte è spesso strumento di comunicazione molto valido anche perché arriva al cuore oltre che alla testa, e non solo sfogliando queste pagine ci si rende conto di averne tra le mani un ottimo esempio. Pertanto, saluto questa iniziativa con grande piacere e mi auguro che sia l’inizio di un progetto di lungo periodo che possa prevedere non solo la denuncia dei crimini contro l’umanità ma anche far conoscere il valore della cultura ebraica e del suo enorme contributo alla storia dell’umanità.
Ruth Dureghello